CONTRIBUTO ALLA STORIA DEL POLESINE

di Aldo  Rondina

1221-2021: OTTO SECOLI FA IL FEUDO VESCOVILE DEL POLESINE PASSAVA AGLI ESTENSI

Sono trascorsi ottocento anni da quando Azzo Novello Marchese d’Este otteneva dall’imperatore Federico II di Svevia l’investitura della contea di Rovigo, Adria e Ariano, aree fino a quel momento soggette alla giurisdizione spirituale e amministrativa del Vescovo di Adria. Ancor oggi alcuni studiosi contestano l’esistenza nei secoli IX-XIII di un feudo vescovile comprendente il territorio del Polesine. Tuttavia le ricerche condotte dal prof. Jacopo Zennari e da altri studiosi nella prima metà del secolo scorso, confermano autorevolmente questa particolare situazione storica. Tutto ebbe origine dalla cosiddetta “donazione” dei territori dell’ex Esarcato di Ravenna (al quale Adria apparteneva), fatta al papa Stefano II nel 775. In realtà era successo che Astolfo, re dei Longobardi, dopo aver cacciato i Bizantini da Ravenna, prese a minacciare seriamente con le sue truppe Roma, costringendo il Pontefice a chiedere aiuto a Pipino, re dei Franchi. Questi, intervenuto prontamente a favore del Papa, sconfisse i Longobardi e, per garantirsi la benevolenza del Santo Padre, costrinse il capo longobardo a mettere nelle Sue mani  l’enorme patrimonio terriero appartenuto ai Greci, dando così origine al potere temporale della Chiesa. Con atti successivi, il Pontefice si riservò poi di consentire a metropoliti e vescovi l’uso di tale potere nell’ambito dei territori diocesani nei quali già esercitavano il potere spirituale. Per quanto riguarda la diocesi adriese alcuni documenti diplomatici confermano la concessione di questi poteri al vescovo. In particolare, la Bolla di Papa Nicolò I del 14 marzo 863 attribuisce al vescovo Leone i diritti sul territorio che dal mare giungeva al feudo di Gavello, con obbligo di ricostruire la chiesa distrutta di San Pietro, in Adria. Incarico poi ribadito dal Pontefice Giovanni X con documento diplomatico del 920 inviato al vescovo Paolo Cattaneo autorizzato tra l’altro ad edificare per sé a Rovigo un castello, a scopo di difesa contro le invasioni dei popoli barbari provenienti dal Nord dell’Europa. Si tratta di una vera e propria investitura temporale che dà consistenza alla formazione del feudo. Il documento pontificio inoltre autorizza il Vescovo a considerare come parte integrante del suo territorio anche la piccola contea di Gavello, di probabili origini longobarde, retta da un funzionario con il titolo di conte, rappresentante di un’autorità civile ormai in declino. Una interessante tesi di laurea dal titolo emblematico “La giurisdizione politico civile del Vescovo di Adria sul Polesine nel Medio Evo (secoli VII-XII), discussa presso l’Università di Ferrara – Facoltà di Giurisprudenza, Anno Accademico 1972/73 dall’Avv. Nicola Zambon, essendo Relatore il Prof. Vittore Colorni, sostiene che il Vescovo di Adria ha potuto fregiarsi del titolo comitale nel momento in cui il piccolo territorio di Gavello divenne parte integrante del territorio assegnato al Vescovo adriese.  Su questo punto però, le conclusioni del Prof. Jacopo Zennari prendono un’altra strada. A parere dello studioso infatti, il diploma di Giovanni X (863) costituisce già una investitura feudale ed è per mezzo di quel diploma che il vescovo ha assunto il titolo comitale. Sulle modalità di acquisizione del titolo permangono quindi ancora alcuni  aspetti  da chiarire. E’ certo però che fino alla conclusione del Concilio Vaticano II (1965) il vescovo diocesano era ancora proclamato con il titolo di “conte romano”. Questo appariva nella formula letta dal Canonico Arcidiacono al termine di ogni pontificale solenne, che annunciava la concessione di indulgenze particolari ai fedeli presenti al sacro rito. Questa prassi venne gradualmente abbandonata fino a scomparire alla morte del vescovo Guido Maria Mazzocco (1968). I titoli araldici ormai appartengono al passato, così come appartengono al passato certe forme di governo del  territorio che appesantivano la Chiesa. Abbiamo rievocato la caduta del feudo per ricordare un fatto storico importante, ma anche per testimoniare che i Polesani non hanno mai fatto mancare  stima e affetto ai loro Vescovi. E’ dei nostri giorni l’impegno d’intensa preghiera innalzata a Gesù ed alla Beata Vergine da tutte le Comunità perché il Presule Mons. Pierantonio potesse tornare, come in effetti è tornato, a guidare la Diocesi completamente ristabilito. Ringraziamo il Signore e guardiamo con fede alla storia millenaria della nostra Chiesa locale.  (Aldo Rondina)

castello di Rovigo

 

Il castello di Rovigo (stampa del XIV sec.)

I commenti sono chiusi